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TERZO 335
abbiam veduto poc’anzi che Sergio padre e
Gregorio fratello di S. Atanasio vescovo di Napoli eransi in essa esercitati per modo, che
Ì)olevano senza apprecchio recar dal greco in
atino e dal latino in greco qualunque scritto
venisse loro offerto. Così ancor nell elogio di
un Landolfo conte, che vedesi in Isernia, e che
sembra appartenere al x secolo, dicesi ch’egli
era dottissimo nella greca e nella latina favella
(Murat. Thes. Inscript. vol. 4, p. 1897); e così
pure è probabile che si potesse dir di più altri,
come suole avvenir nelle lingue di due popoli
vicini e commercianti. In Roma ancora per opera
de’ romani pontefici se ne mantenne vivo lo studio e l’esercizio. Perciocchè, come abbiamo osservato essersi fatto dal pontefice Paolo I verso
l’anno 766, altri pontefici ancora fondarono
monasteri, i quali vollero che fossero abitati da
monaci che usassero ne’ divini uffici la lingua
e il rito greco. Nelle Vite de’ romani Pontefici
attribuite ad Anastasio ne abbiamo più pruove.
Stefano IV, detto da altri V, secondo questo
scrittore l’anno 816 fondò il monastero di santa
Prassede, in cui raccolse una_ congregazione
di monaci greci che dì e notte salmeggiassero
col loro rito (Script. Rer. ital. t 3, pars 1, p. 215).
E Leon IV similmente verso la metà del medesimo secolo monaci greci introdusse nel monastero de’ SS. Stefano e Cassiano (ib. p. 234).
Quindi veggiamo che nella lingua greca era assai
versato il sopraddetto Anastasio Bibliotecario,
come raccogliesi dalle molte traduzioni di libri
greci da lui fatte; e molti altri è probabile che
fossero in Roma nella stessa lingua ben istruiti