Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/623

Da Wikisource.

56a libro Guido eremita camaldolese presso Arezzo l’anno 1033. Ma, a dir vero, a me pare che troppo più convincenti sian le ragioni che pruovano pel monastero della Pomposa, che non le arrecate dagli eruditissimi annalisti in difesa della lor opinione. Esaminiamole brevemente, e supponiam prima ciò che gli annalisti stessi confessano, che il monaco Michele, a cui è scritta una delle lettere di Guido, era monaco della Pomposa. Ciò presupposto, a me sembra evidente che anche Guido appartenesse al monastero medesimo. Egli così comincia la lettera: Beatissimo atque dulcissimo frati M. G. (Michaeli Guido) per anfractus multos dejectus et anctus. Il titolo di fratello non è spregievole congettura a pensare che amendue fossero stati nello stesso monastero allevati. Ma ciò non basta. Dalla lettera medesima raccogliesi chiaramente, s’io non m’inganno, che Michele erasi adoperato insiem con Guido nell1 istruire i giovani nella musica, e che la novità del metodo da essi introdotto avea contro amendue eccitati molti invidiosi e nemici , e che per opera loro Guido era stato costretto a partirsi dal monastero, e Michele vi era bensì tuttora, ma travagliato ed afflitto, Aut dura sunt tempora, continua Guido, aut divinae dispositionis obscura discrimina, dum et veritatem fallacia et charitatem persaepe conculcet invidia, quae nostri Ordinis vix deserit sanctitatem, ec. Quelle parole nostri Ordinis non sembran esse indicar chiaramente che professavano amendue un comune istituto? Inde est, siegue a dire, quod me vides prolixis finibus exulatum, ac te