Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/654

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QUARTO tessendo un ampio catalogo di molti monaci che coltivaron quest’arte/ e in essa ottenner gran nome; ma basti il detto fin qui ad averne un saggio; e a conoscere quanto universale fosse tra’ monaci questo studio, e come dall’Italia si andasse propagando nelle straniere e lontane provincic. XI. Questo fervore de’ monaci nel coltivare la medicina , che poteva esser lodevole, finchè si tenesse ristretto entro i dovuti confini, venne coll’andar del tempo degenerando in abuso; e molti di loro di quest’arte giovavansi per tenersi lungi dal chiostro, e per andare liberamente aggirandosi fra le città e fra le corti; il che pure avveniva di quelli che rivolgevansi allo studio delle leggi. Convenne dunque porre a un tal male efficace rimedio; e perciò nel secondo Concilio lateranese, tenuto da Innocenzo II l’anno 1139, si pubblicò un canone in cui dopo aver detto che molti monaci e canonici regolari, dopo aver preso l’abito e fatta la professione monastica, disprezzando la Regola de’ lor fondatori, per ingordigia di un temporale guadagno si applicavano allo studio delle leggi e della medicina, si vieta sotto gravi pene il farlo, e gravi pene ancor si minacciano a’ vescovi, agli.abati e a’ priori, i quali permettono un tale abuso (can. 9). Somigliante ordine fu rinnovato nel Concilio tenuto in Tours l’anno 1163 da Alessandro III, in cui pure fu a’ Regolari vietato il tenere scuola di medicina, o di leggi (can. 8); i quali divieti furon poscia in altri Concilj ancora saggiamente riconfermati. Non ostante però il gran numero di coloro che TiRABoscur, Voi. Hi. 38