Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/687

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626 I.1BRO (ad tit. Ne Filius pro patre,), con cui Federigo comanda che tutti coloro che viaggiano per motivo di studio, e singolarmente i professori delle sacre leggi, possano andarsene essi non meno che i loro messi sicuramente e senza molestia alcuna; in oltre che niuno possa con essi, e con ciò che ad essi appartiene, usar del diritto di rappresaglia; e finalmente che sia lecito ad essi lo scegliere in occasion di litigi, se volessero avere a giudice o il \cs. ovo, o i lor professori; i quai privilegi benchè conceduti fossero generalmente a tutti i maestri e agli scolari tutti, ovunque essi fossero, come però il maggior numero e la fama maggiore era de’ bolognesi, tornarono singolarmente a vantaggio e ad onore di quella celebre scuola che d’indi in poi divenne ancora più illustre. Odofredo comentando la riferita legge di Federigo, avverte che per essa potevano gli scolari nelle civili ugualmente che nelle criminali cause sottrarsi al foro; ma che a’ tempi di Azzo, di cui a suo luogo ragioneremo, rinunziarono a tal privilegio quanto alle cause criminali; perciocchè essendo sorta una fiera discordia tra gli scolari lombardi e i toscani, nè riuscendo a’ dottori di tenerli in freno, pregarono il podestà a prendersi di ciò pensiero. Poscia tornarono a usare del lor privilegio: tamen, conchiude Odofredo, Deus velit, quod non faciant sibi male ad invicem; nam per dominos doctores male puniuntur illa maleficia. Ma de’ quattro celebri giureconsulti nominati poc’anzi convien dire qualche cosa più in particolare.