Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/196

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SECONDO 1^5 dal Muratori (Script. Rer. ital. t. 3, pars 1, p. 476), che Gioachimo venne dalla Calabria a Verona l’anno 1185, ove allora era il pontefice, e a lui presentossi, per quanto sembra, per offerirgli parte delle sue opere; nella qual occasione egli probabilmente fu da lui esortato a continuarne il lavoro. Aggiugne Bernardo, che dicevasi comunemente che Gioachimo dapprima fosse stato uomo di corto intendimento, ma che poscia avesse dal ciel ricevuto uno straordinario lume ad intendere e ad interpretare i più difficili passi della Scrittura. Lo stesso, e quasi colle stesse parole, raccontasi da Francesco Pipino (Chron. c. 15, Script. rer. ital. vol. 9, p. 598). Ciò non ostante la dottrina di Gioachimo non fu in ogni sua parte giudicata cattolica. Avea egli scritto un libro contro ciò che sul mistero della Trinità avea insegnato il celebre Pier Lombardo; il qual libro più anni dopo la morte di Gioachimo esaminato nel general concilio lateranese l’anno 1215 sotto Innocenzo III, fu condennato. Ma due cose a discolpa di Gioachimo si debbon riflettere. La prima si è che egli soggettò spontaneamente tutte le sue opere alla sede apostolica; e perciò Onorio III, successor d’Innocenzo, con due suoi Brevi, uno del primo, e l’altro del quinto anno del suo pontificato, che sono stati pubblicati dal Greco e dal Papebrochio, diffinì che Gioachimo dovea esser tenuto uomo cattolico e seguace della retta Fede, e ordinò che niuna molestia perciò si recasse a’ monaci della Congregazione da lui „ > D o • 1 • fondata. L’altra si è che lo stesso Gioachimo in altre sue opere scrisse di questo augusto