Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/202

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SECONDO I8I furono a darsi nelle mani d’Arrigo, e furono da lui trattati con eccessivo rigore. Più chiare ancora e più certe sono le profezie che veggiam da lui fatte ne’ suoi Comenti su Geremia, da lui verso l’anno 1197 indirizzati all*imperadore Arrigo V. Egli gli predice che quand’egli dia fine alla sua vita insieme e al suo regno, due rivali sorgeranno a contrastar dell’impero: Vide autem tu, qui Vipera diceris (così parla ad Arrigo), ne, te pereunte morteque praevento, Imperii latera disrumpantur; et aliqui quasi duae viperae ad apicem potestatis ascendant; et quasi alter Evilmerodach unus eorum obtineat , qui in brevi tempore a morsu regali retro cadat. Potevasi egli adombrar meglio lo stato dell’impero dopo la morte d’Arrigo, la lunga guerra tra Ottone e Filippo, la morte di Filippo che rendette Ottone posseditore del trono, e l’abbatterlo che presto fece Federigo II, il qual finalmente rimase padron dell’impero? Tutte le quali cose avvennero alcuni giorni dopo la morte di Gioachimo. Egli va innanzi ancora, e apertamente predice il tribolare che Federigo (fanciullo di 3 anni mentre Gioachimo scrivea, e che contavane 8 quando eimorì) avrebbe fatto la Chiesa e il pontefice; la vergognosa pace ch’egli avrebbe stretta co’ Saracini; l’estinzione della famiglia degl’imperadori svevi; la scomunica che contro di lui sarebbe stata fulminata, ed altre sì fatte cose, che Gioachimo non potè prevedere se non per lume infuso dal cielo. Io non recherò qui tutti i passi in cui egli ha fatte tai predizioni, che si posson veder raccolti dal suddetto P. Papebrochio. Mi basti il riferirne