Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/526

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TERZO 5o5 adoperali. L anno ia65 essendosi stretto un trattato di pace e di commercio tra ’l re di Tunisi e la Repubblica pisana, esso fu steso in arabo, e recato poscia in latino da Buonagiunta Cascina che probabilmente era pisano di patria. Quindi al fin di questo Trattato, che è stato pubblicato dal Lunig (Codex diplom. Ital. t. 1 , p. 1067) e dal cav. Flaminio dal Borgo (Racc, di Docum. pis. p. 213), così si legge: existente interprete probo viro Banajunta da Cascina de lingua arabica in latina. Per ultimo la confutazione dell’Alcorano , che abbiamo altrove accennata (l. 1, c. 5, n. 14) 7 falla da F. Ricoldo dell’Ordine de’ Predicatori, ci è testimonio sicuro dello studio ch’egli avea fatto della lingua arabica; perciocchè quel libro non era stato per anco, ch’io sappia, recato in latino , o in altra lingua moderna. II. Molti coltivatori ancora ebbe la lingua greca. Già abbiam fatta menzione e di Buonaccorso bolognese dell’Ordine de’ Predicatori , che gli errori de’ Greci scismatici impugnò scrivendo nella lor lingua medesima (l. 2, c. 1, n. 33), e di Niccolò da Otranto , che servì in Costantinopoli d’interprete tra’ Greci e’ Latini (ib. n. 34), e di Bartolommeo da Messina , che per comando dei re Manfredi recò dal greco in latino l’Etica d’Aristotele (ib. c. 3, n. 16). Abbiamo ancora mostrato potersi credere con qualche probabile fondamento che S. Tommaso fosse in questa lingua versato (ib. c. 1, n. 18). E finalmente abbiam favellato (ib. c. 6 , n. 7) di Guido dalle Colonne, che delle greche opere supposte di Darete e di Ditti si valse a compilar l