Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/696

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TERZO 6^5 scrittore, essa non ha data: anzi parrebbe che ella fosse scritta per tutt1 altri, clic per Bene. Perciocchè nel titolo si legge: Literae consolationis missae Scolaribus de morte Magi siri li cridtardi (Epist. l. 4> c. 7); al qual luogo, il più recente editore, Iselio avverte che dee leggersi Benedicti. Ma, come ottimamente riflettono gli autori della Storia dell’Università di Bologna (pars 1, p. 13), la lettera stessa chiaramente cHuostra che il professore, la cui morte si piange, non era nè Bernardo, nè Benedetto, ma Bene; perciocchè Pietro di lui parlando, dice ch’egli non ab infimo positivo, sed superlativo nomen meruit derivari, le quali parole non avrebbono alcun senso, se ei s’appellava Benedetto o Bernardo; ove al contrario, s’ei dicevasi Bene, s’intende tosto che Pietro vuol con ciò dire eli’ ei meritava di trarre il nome non dal positivo bene, ma dal superlativo ottimo. In fatti aggiungono i medesimi autori che in due codici di dette lettere chiaramente leggesi Bene. Le lodi che Pietro in (questa lettera dà a Bene, son tali che di un V arrone non sarebbesi detto altrettanto; anzi, con troppo poco rispetto alle cose sacre, ei non teme di paragonarlo allo stesso Mosè: quasi de culmine montis Sinai alter Moyses legifer a Deo et non ab homine sibi scriptam Grammaticam hominibus reportavit. Ma è degno singolarmente d’osservazione che qui si afferma che Bene nell’esercizio stesso del fare scuola perdè la vita: a mane usque ad vesperas clamavit sicut pullus hirundinis, et docendo desiit, et ut columba meditatus est ponendo animam pro scholaribus,