Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/190

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PRIMO passo da me addotto, e ch’era già stato da lui ancora osservato, ma con singolar gentilezza mi ha comunicati altri monumenti con cui stabilirla ancora più fermamente. Egli osserva adunque che in un documento dell’anno 1318 un notaio creato dal co. Rambaldo di Collalto promette che non formerà strumento alcuno in carta bombycis, vel de qua vetus fuerit abrasa scriptum: e un altro notaio nel 1331 promette pure di non iscrivere in carta bombycina; nè altra carta ivi si nomina. Al contrario in un altro stromento del j 367 si dice: Nec scribet in carta bombycis vel papiri, esprimendosi così l’altro genere di c;irla che nei monumenti più antichi non è espresso. E che l’invenzione di questa nuova foggia di carta si dovesse a’ Trivigiani, si conferma dalla premura che il senato veneto avea perchè solo ivi, e non altrove , essa si fabbricasse 5 perciocché l’anno i366 a’ 19 agosto fu stabilito, quod pro bono et utilitate Artis Cartarum, quae fit in Tarvisio, et max imam conftrt ut ilitate m Communi nostro, ordinetur, quod nullo modo possi? U extralù stratie a cartis de Venetiis pro portandis alio quam Tarvisium T1 1 ’ luglio del 1374. Finalmente ne’ libri antichi de’ conti del capitolo della cattedral di Trevigi, la carta in cui essi sono scritti, chiamasi bambacina. E solo nel 1365 si legge pro isto libro papyri. Da’ quai documenti provasi a mio parer chiaramente che verso la metà del secolo xiv, lasciati i panni di bambagia e di lana, di cui prima si solean formare le carte, si presero ad fu pur confermato per lettera