Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/197

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l6o LIBRO egli stesso racconta in una lettera a Lapo pubblicata con alcune opere di questo celebre Fiorentino (ep. di M.LapOjp. 176) dall’ab. Mehus, il (quale osserva ancora (Vita di Lapo, p. 36) che dal medesimo Lapo ebbe il Petrarca l’orazione in favor di Milone e le Filippiche. Ma sopra ogni cosa il Petrarca fu lieto della scoperta che fece delle Lettere famigliari del suo Cicerone. Trovolle egli a caso in Verona, come raccogliesi dalla lettera che egli, secondo il suo costume, su ciò scrisse al medesimo Tullio (Ad Vir. ill. ep. 1), e come afferma Coluccio Salutato in una sua lettera (Mehus Vita Ambr. camald. p. 113), più degno di fede che non il Biondo che afferma essersi dal Petrarca fatta cotale scoperta in Vercelli (Ital. illustr. p. 346, ed. Basil 1531). Nella Laurenziana di Firenze conservasi tuttavia il codice stesso antichissimo dal Petrarca trovato insiem con un altro che di sua mano ei ne scrisse (Mehus l. cit. p. 21 \) , e vi si conserva ancora un codice di quelle ad Attico scritto di mano dello stesso Petrarca, benchè sia perito il più antico, ond’egli il trasse (ib. p. 215, 216). Di uno di questi codici parla leggiadramente scherzando il Petrarca in una sua lettera citata dall’ab. de Sade (Mém. t. 3, p. 494), e narra il cadergli che fece due giorni di seguito sopra la stessa gamba, con aprirvi una non leggier piaga; e si duole con Cicerone che abbia sì mal corrisposto alla fatica che nel copiarlo egli avea sostenuta. L’impegno finalmente e l’amore che il Petrarca avea per Tullio, fece sì, che il pontefice Clemente VI gli comandasse di ordinarne, come meglio poteva,