Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/93

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56 LIBRO usurpata l’anno 1341, nel qual tempo essendo di colà passato il Petrarca, egli usò di ogni arte per ritenerlo (Petr. Senil. l. 5, ep. 2), il cederla ch’egli poi fece a Obizzo d’Este l’an 1345, ritirandosi a Verona, la fuga che da questa città ancora ei dovette prendere l’anno 1355, e il perder che in questa occasione ei fece i suoi beni che gli furono confiscati , e la moglie e i figliuoli che furon chiusi in carcere, ed altre somiglianti e per lo più sinistre avventure da cui fu travagliato sino all’anno 1362 in cui finì di vivere, tutte le quali cose non appartengono allo scopo di questa Storia. L’amicizia sua col Petrarca e il frutto ch’egli ne colse, riguardo agli studj, è ciò solo ch’io debbo qui osservare. Se avessimo ancora le molte lettere che probabilmente si scrissero l’uno all’altro, potremmo recarne copiose pruove. Ma trattane una del Petrarca ad Azzo, che conservasi nella Laurenziana in Firenze, e che è stata data alla luce tradotta in francese dall’ab. de Sade (Mém. (de Petr. t. 3, p. 488), niun’altra cen’è rimasta. Due monumenti però ne abbiamo che equivalgono a molti, cioè in primo luogo la prefazione a’ due libri de’ Rimedii deir una e dell’altra Fortuna, che dal Petrarca a lui furono dedicati; perciocchè in essa, oltre le lodi con cui esalta la costanza di Azzo nel sostenere i colpi della contraria sorte, e le altre virtù di cui egli era fornito , il Petrarca, sono state più accuratamente esaminate nella Biblioteca modenese (La, p. 88, ec.; t. 6, p. 93, ec.).