Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/296

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800 LIBRO a Milano poco lieto del frutto della sua eloquenza. Morto nello stesso anno Giovanni Visconti, e succedutigli i tre nipoti Matteo, Barnabò e Galeazzo, il Petrarca si strinse singolarmente a quest’ultimo, da cui fu sempre, come altrove abbiamo veduto, con ogni onore distinto. Nel decembre dell’anno medesimo andossene il Petrarca a Mantova all’imperador Carlo IV, che sceso finalmente in Italia avea inviato a Milano un suo scudiero, perchè gli conducesse innanzi un uomo sì celebre, e cui sommamente bramava conoscere di presenza. Le accoglienze che al vederlo gli fece, i discorsi ch’ebbe con lui, che dal Petrarca descri volisi a lungo (Meni, pour la vie de Petr. t 3, p. 379), ec.), eie premurose istanze con cui e in Mantova e in Milano, ove poscia recossi Carlo, cercò di condurlo seco a Roma, sono una chiara pruova dell’alta stima in cui egli avealo. Il Petrarca sperava che l’Italia dovesse da questa venuta di Carlo ricever grandi vantaggi; ma ei fu ben dolente ed afflitto, quando udì che pochi mesi appresso l’imperadore, senza aver recato all’Italia vantaggio alcuno, erasene con poco suo decoro ritornato in Allemagna. Ei non potè rattenersi dallo scrivergli un’amara e pungente lettera (ib. p. 41 1); rimproverandogli l’indolenza con cui abbandonava l’Italia sommersa in un abisso di mali, e lasciava sempre più avvilire la sua medesima dignità. XXXII. Io non so se il Petrarca inviasse veramente questa lettera a Carlo. Ma se questi la ricevette , non iscemò punto per essa la stima in cui aveane l’autore. Perciocchè questo inviato a Praga l’anno 1356 da Galeazzo