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TERZO 875 litiganti e degl’infermi, non vogliono udir parlare che di Virgilio e d Omero. Ma che dirli io? Gli agricoltori, i falegnami, i muratori gì Unno gli stromenti delle loro arti per trattenersi con Apolline e colle Muse... Io mi congratulo colY Italia eli ella ha prodotti alcuni degni di salire sul Pegaso, e di levarsi in alto. Se non mi accieca l’amor della patria , io ne veggo in Firenze, in Padova , in Subnona 7 in Napoli, mentre in altro luogo veggo sol poetastri che strisciano a terra. Temo di averi col mio esempio contribuito a tal follia. Si dice che l’alloro produce sogni veraci. Ma temo che quello che io con troppa avidità ho raccolto non ben ancora maturo , rechi de’ sogni falsi a me e a molti altri, ec. Cosi egli prosiegue a descrivere il gran numero di coloro che lusingandosi di poter giugnere essi pure ove egli era giunto , si sforzavano a dispetto ancor delle Muse di divenir poeti. E certo molti sono a questo secol coloro de’ quali ci son pervenuti versi latini } benché pur sia a credere che assai più siano quelli le cui poesie sono senza alcun nostro danno perite. Noi dobbiarnqui ragionare di quelli che per riguardo all1 età a cui vissero, furono i meno incolti , e di quelli a cui viaggiatilo che fu roti profuse lodi ed onori sopra gli altri. Nè io perciò intendo di consigliare ad alcuno la lettura de’ loro versi, ma sol di mostrare che anche in questa sorta di studj l’Italia andò di gran lunga in questo secolo innanzi alle straniere nazioni, le quali non potranno certo additarci poeti nè in numero nè in eleganza maggiori de’ nostri.