Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/383

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TERZO 887 della persona, essendo gobbo e zoppo di amendue le gambe, altrettanto era leggiadro di volto, e pronto d’ingegno singolarmente nel poetare, talché neir una e nell1 altra lingua verseggiava con ammirabile celerità, e dormendo ancora non cessava dal verseggiare. Delle quali cose io bramerei che si potessero addurre più certe pruove. Ma eli1 ei fosse poeta pe’ tempi suoi valoroso, cel mostra il poema da lui composto sulla pace fatta in Venezia tra ’l sommo pontefice Alessandro III e f imperador Federigo I, e indirizzato, l’anno 1327, non ad Andrea, ma a Francesco Dandolo doge di quella Repubblica. Esso non è mai stato dato alla luce, ma conservasi manoscritto nella real biblioteca di Brusselles, donde ne fece trarre copia l’eruditissimo cardinale Giuseppe Garampi. Esso comincia: Exurgant Venetae praeconia clara per orbem Digna cani, et lauro decorari carmina gentis. Il Papadopoli accenna più altre poesie latine di Castellano, ma senza indicarci se se ne conservino copie in alcuna biblioteca. Vedesi ancora in Bassano , nella chiesa di S. Francesco, l’iscrizion sepolcrale che a questo poeta fece porre, l’anno 1498, Antonio Castellani. Vili. Al principio di questo secol medesimo, la poesia latina ebbe l’onore di vedersi coltivata da un cardinale per nascita non meno che per sapere famoso. Parlo del Cardinal Jacopo Gaetano, di cui prima il Papebrochio (Acta SS. maii t 4 , ad. d. 19), e poscia il Muratori (Script. rer. ital. t. 3, pars 1, p. 613, ec.) han pubblicato tre poemi, uno della Vita del