Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/114

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g8 LIBRO certo modo, se nol premiava abbastanza degnamente (ib. p. 282). Così questo gran pontefice profondeva i tesori a pro delle scienze. Il più volte citato scrittore della sua Vita, Vespasiano fiorentino, non sa finire di celebrare la liberalità e la munificenza: Tutti gli uomini dotti del mondo vennono in Corte di Roma di loro propria volontà, parte mandò Papa Niccolò per loro, perchè voleva stessino in Corte di Roma (ib. p. 279).... Condusse moltissimi scrittori de’ più degni potesse avere, ai quali dava a scrivere di continuo: condusse moltissimi uomini dotti, ed a comporre, di nuovo, ed a tradurre de’ libri non ci fissero, dandoloro grandissime provvigioni, sì provvigioni ordinarie , ed il simile straordinarie, che tradotte l’opere, quando gliele portavano. dava loro buona quantità di denari, acciocchè facessino più volentieri quello che avevano da fare (ib. p. 282).... Fu lume ed ornamento Papa Niccola delle Lettere e dei Letterati; e se veniva un altro Pontefice dopo di lui, che avesse seguitato, le Lettere andavano a un degnissimo grado.... La liberalità di Papa Niccola, e la sua imitazion fece, che molti vi si volsono, che non vi si sarebbono volti. In ogni luogo, dov egli poteva onorare i Letterati’ , lo faceva, e non lasciava a far nulla (ib. p. 283). Leggiadro ancora è a questo proposito ciò che narra Ermolao Barbaro (Praef. ad Castigat. Plin. ad Alex VI), cioè che avendo udito Niccolò essere in Roma alcuni buoni poeti, ch’egli non conosceva, disse che non potean costoro essere quali diceansi; perciocchè, aggiunse, se