Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/126

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4 10 LIBRO di nulla meno faceva d1 uopo a diradare una volta le tenebre fra cui ancora giaceva ogni cosa. A richiamare l’antica eleganza di scrivere, bisognava moltiplicare gli esemplari de’ buoni scrittori , e scoprir quelli che ancora eran nascosti; aprire biblioteche, in cui libero fosse ad ognuno l’accesso eia lettura de1 libri; raccomandare a1 dotti comentatori le opere degli autori classici, perchè con note opportune le rischiarassero) chiamare egregi professori in tulle le scienze, che le insegnassero pubblicamente; eccitare con promesse e con premii gli animi lenti comunemente a intraprendere una fatica, da cui non si speri alcun frutto; formare società ed accademie d’uomini eruditi che insiem disputando si dessero vicendevolmente lume ed aiuto; e finalmente sostenere c proteggere l1 arte della stampa allor ritrovata, per cui si rende tanto più agevole f istruirsi. Or tutto ciò non potoasi ottenere senza profonder tesori. E fu perciò Consiglio si veggono assai sovente accordate somme: di denaro a chi le chiedeva per recarsi alle università o di Padova , o di Bologna, o per ricevere in esse la laurea; e questa liberalità vedesi usata così a più religioni dell’Ordin de’ Predicatori e de’ Minori , come a più laici. Fra tutti però provolla singolarmente quel f Leonardo da Udine dell’Ordine de’ Predicatori, di cui ragioniamo nel capo primo del secondo libro; perciocchè ad ogni occasione trovasi in que’ documenti f Leonardo chieder soccorso a quel Pubblico ora per i suoi studj, ora pe’ suoi scolari, or pe’ suoi viaggi, ora pei suoi impieghi, ora per le sue malattie, ora per fabbricare la libreria del suo convento; nè mai egli chiede cosa alcuna che non l’ottenga , e ancor senza chiedere gli si veggon talvolta dal Pubblico accolte sovvenzioni e fatti donativi.