Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/209

Da Wikisource.

primo 193 Il Poggio e il Manetti, che ne dicono sì grandi lodi, scriveano dappoichè il Niccoli era morto, quando perciò, trattandosi d’uom privato e senza aderenze, l’adulazione, o l’interesse non poteva aver luogo. E il Poggio ne esalta ancora la continenza, benchè avesse avuta dal Bruni la lettera or or mentovata. Il Bruni poi non può a meno di non incorrer la taccia o di adulatore, o di calunniatore. Egli in una sua lettera, scritta già allo stesso Niccoli e citata dall’abate Mehus (l. cit. p. 36), Ad quem potius, gli dice , Nicolae, scriberem , quam ad te, qui et latina.ru ni Litemruni tari tatti noiitiam tiabes, qilantani nemo fere hoc tempore alter; e poscia, in quella al Poggio, dice del Niccoli, fra le altre cose: Qui numquam verba duo latina ob inscitiam linguae stuporemque cordis ac enervatam adulteriis mentem conjugere potuerit, is me provocat maledictis? Se egli parlò nella prima lettera sinceramente, non debb’egli esser riconosciuto come calunniatore nella seconda? E se in questa ei disse il vero, non debbe egli esser creduto adulator nella prima? E qualunque de’ due partiti si abbracci, non basta egli ciò a togliere ogni forza alla testimonianza di un tale scrittore? Per ciò che appartiene a1 professori da lui discacciati da Firenze, ne parleremo a suo luogo, e vedremo che il Filelfo principalmente fu cagione egli medesimo della sua sventura. Da ciò però, che allora dovremo osservare, si raccoglierà ancora che il Niccolò era uomo troppo libero e franco nel giudicare, e che perciò ei trasse sopra se stesso f odio di quelli Tiraboschi, Voi VII. 13