Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/417

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SECONDO 40* et furiarum nostrarum, ed perpetuam rei memoriam. Da questo saggio si può argomentare qual sia lo stil della lettera. Non v’ha delitto che ivi non si rinfacci a Giovanni, il quale viene accusato d’ipocrisia, di lussuria, di superbia, di simonia, e considerato come l’autor principale di quello scisma. A questa lettera va annessa la risposta del Cardinal Giovanni, il quale fa rispondere a Satana dall’arcangelo Michele, e ben può ognuno immaginarsi con qual forza un sì valoroso apologista difenda la causa di Gregorio VII e del suddetto cardinale. Di questa lettera non han fatta menzione i PP. Quetif ed Echard, i quali avvertono che a questo medesimo spirito del partito deesi attribuire la taccia d’ipocrita che Poggio fiorentino diede a Giovanni nel suo Dialogo contro gli Ipocriti, mentre prima ne avea parlato con lode. E lo stesso vuol dirsi di Leonardo aretino, il qual parimente sembra tacciar Giovanni d’ipocrisia nell’accettare l’arcivescovado offertogli da Gregorio (l. 2, ep. 19). Vili. Anche dopo il concilio di Pisa, e l’elezione di Alessandro V, si tenne Giovanni costantemente attaccato a Gregorio. Inviato da lui, l’anno 1409 alfitnperador Sigismondo, a Ladislao re d’Ungheria e di Polonia, e ad altri sovrani, sostenne gravi disagi , e fu talvolta costretto ad occultarsi sotto abito vile e plebeo, per non essere scoperto da quei dell’opposto partito. Mandato al concilio di Costanza, come sopra si è detto, col carattere di legato dello stesso pontefice, ei ne sostenne, come meglio poté, le parti, sinchè avendo Gregorio fatta TlllAllOSCIll, Voi. VII. 26