Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/498

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damenti. Fattaglisi nondimeno di nuovo più propizia la sorte, e ritornato a Milano, giunse a vedere la sua badia rifabbricata con non ordinaria magnificenza, e ne godè fino agli ultimi anni di sua vita, la qual non sappiamo fino a quando durasse. L’opera or ora accennata è scritta in un modo singolare, e di cui forse non troverassi altro esempio. Ei prende a descrivere lo stato in cui trovossi la Chiesa, e le persecuzioni e i danni ch’ebbe a soffrire sotto ciaschedun de’ pontefici, de’ quali ragiona, da S. Pietro fino ad Innocenzo VIII. Ma temendo quasi annoiare i lettori col seguito della Storia, la interrompe ad ogni passo, e v’inserisce 279 lettere indirizzate a’ più dotti uomini di quel tempo, nelle quali tratta di diversi punti or di storia sacra, or di profana, or di mitologia , or di gramatica , or di anatomia, ora di medicina, or di fisica, or d’altri argomenti; talchè pare che in esse egli abbia preteso di mostrarsi dottissimo in ogni sorta di scienza. E certo ci si scuopre uomo eruditissimo per quella età, e pieno di cognizioni, e talvolta vi s’incontra ancor qualche lume di buona critica; ma vi si scorge al tempo medesimo la rozzezza del secolo, e il difetto a quei tempi comune di una erudizione importuna, che sfoggia in citazioni e in nomi d’autori, chiunque essi sieno, e raccoglie con la stessa premura l’oro che il fango. Ei dedicò la sua opera a Carlo VIII re di Francia, e nella dedica afferma di aver ciò fatto per volere di Lodovico il Moro, il quale probabilmente volle con ciò acquistare grazia presso quel principe pe’ fini