Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/149

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SECONDO 791 traduttore di quelle opere greche, il cui 6ti(e è assai più elegante. In secondo luogo Bartolommeo Fazio fa l’elogio di un Francesco Aretino (De Viris. ill. p. 15); lo dice uomo dotto nell’una e nell’altra lingua, e ne annovera le traduzioni, e non dice un motto del nome da lui ottenuto nella giurisprudenza. Dunque il traduttore è un altro Francesco d’Arezzo diverso dal giureconsulto. Finalmente in alcuni codici della Vaticana citati dal P. Scarmagli, e in uno della biblioteca di Santa Croce in Firenze citato nel Giornale che già pubblicavasi nella stessa città (t. 3, par. 3, p. 1 a5), cotai traduzioni si attribuiscono a Francesco di Mariotto. Dunque esse non son dell’Accolti figliuol di Michele. A queste difficoltà hanno egregiamente risposto il Fabbrucci da noi già citato, e l’avvocato Maccioni da noi pur nominato poc’anzi (Osservaz. sul Diritto feud, p. 45). E quanto alla prima, essi riflettono saggiamente che l’Accolti ne’ suoi libri legali ha seguito lo stile de’ giureconsulti, e non dovea perciò in essi affettare il grecismo, il Fazio se non afferma che l’Accolti traduttore dal greco fu ancora giureconsulto , nol nega però; e come egli scriveva il suo libro circa il 1456 , quando non eran molti anni che l’Accolti teneva scuola di leggi, e scrivevalo in Napoli, così poteva non esser ancor giunta colà la notizia del molto che sapeva l’Accolti nella scienza legale. All’argomento per ultimo preso da’ codici mentovati risponde il Fabbrucci, che in quello di Santa Croce (io non so se sia lo stesso di quello della Vaticana) così si legge: io: Giysostonii Homiliae...•