Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/197

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SECONDO 83) con oiia sorpresa ho veduto ch’egli altro quasi non fa che copiare il Panciroli (Bibl. Script, mediol t. 2, pars 1, p. 887), aggiugnendo solo un diligente catalogo delle opere di Giasone. Ci converrà dunque qui ancora distinguere ciò che è cello da ciò che è dubbioso, e accennare, ove sia possibile, l’autorità e i documenti a cui i fatti si appoggiano. Paolo Giovio che, come egli stesso afferma, l’avea fa migliarmeli te conosciuto e trattato, nel breve elogio che ce ne ha dato, racconta (Elog. p. /\ied. Ven. 1543) cb’ei fu (d’illegittima nascita, e che perciò allevato con negligenza fu dato in cura a un pedante, a cui di altro non fu debitore che di molte sferzate. Il Panciroli più minutamente ci dice el11 ri fu figlio di Andreotto dal Maino milanese, il qual esiliato dal duca Filippo Maria Visconti, e ritiratosi a Pesaro, ivi l’anno 1435 da una serva detta di nome Agnese ebbe Giasone, del che egli accenna in prova un passo di Gianfrancesco Riva pavese scolaro dello stesso Giasone. Siegue egli poi a narrare, e lo stesso narrasi ancora dal Giovio, la cui testimonianza è qui di gran peso, che Giasone mandato a Pavia allo studio delle leggi, nel primo anno invece del Codice e del Digesto altro non maneggiò che le carte da giuoco, e che perduta ogni cosa, non avendo di che pagare il suo albergatore, dovette dare in pegno una copia del Codice scritto in pergamena, che avea a gran prezzo comprata. Quindi ridottosi ad estrema povertà , stracciato, e oltre ciò col capo tutto raso e tignoso, era oggetto compassionevole insieme e ridicolo a vedere.