Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/256

Da Wikisource.

898 LIBRO ili lui stesso. Pietro Barozzi, che fu poi vescovo di Padova, ne scrisse e ne recitò l’Orazion funebre, che nella stessa città è stata data alla luce l’an 1719 (post Ai 1%. Pile rii l. de Cautione adì ribalda, cc.), c noi ne trarremo da essa le principali notizie, benchè a dir vero l’oratore non parli talvolta sinceramente, e dissimuli, o a dir meglio travolga in tutt' altro sembiante ciò che nel Roselli fu degno di biasimo. Ei parla dapprima a lungo delle lodi della Toscana, della città d’Arezzo e degli antenati d’Antonio. Passando poscia a ragionare del medesimo Antonio, ne loda dapprima generalmente il sapere e lo studio. Uscito appena dall’età fanciullesca, compose e pubblicò il trattato della Legittimazione, il quale fu applaudito talmente, che, vivendo ancora l’autore, leggevasi nelle pubbliche scuole. Nello spiegare le leggi, nel disputare, nello scrivere, nel consultare univa alla profonda dottrina una sì rara eloquenza, ch’egli era detto (come già abbiam veduto di altri) il più eloquente tra’ giureconsulti e il più giureconsulto tra gli oratori. Uomo di vastissima memoria, a qualunque quistione gli fosse proposta rispondeva sul punto, allegando ogni testo, ogni chiosa, e qualunque altra autorità a quel luogo opportuna, non altrimenti che se l’avesse sotto gli occhi. Prima ancora di ciò aveva detto il Barozzi, ch’egli non aveva mai difeso alcuno che non fosse stato assoluto; e che mai non erasi potuto indurre a sostenere una causa, la qual paressegli ingiusta; e che ugualmente assisteva col suo patrocinio a’ poveri ed a’ ricchi senza