Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/522

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VI. Ma assai maggior numero di coltivatori ebbe fra noi in questo secolo la lingua greca. Il Petrarca e il Boccaccio avean già tentato di rinnovarne lo studio, e Barlaamo e Leonzio Pilato avean cominciato a farla conoscere come nel secolo precedente si è veduto. Ma la breve dimora da essi fatta in Italia aveane bensì risvegliata in molti la brama, ma non avea permesso ad alcuno di soddisfarla. Era dunque necessario di trasportarsi fin nella Grecia a chi voleva apprendere quella lingua; e perciò vedremo a suo luogo che Guarin veronese, Francesco Filelfo, Giovanni Aurispa, e più altri navigarono a tal fine a Costantinopoli. Ma troppo lungo e dispendioso era tal viaggio; e molti che avrebbero volentieri appresa la lingua greca, se ne avessero avuto agio nella lor patria , eran costretti a deporne il pensiero, non avendo mezzi a intraprendere cotale navigazione. Ebbe finalmente l’Italia la tanto bramata sorte di aver pubbliche cattedre di questa lingua; ed ella ne fu debitrice alle venture de’ Greci, che indussero alcuni di essi ad abbandonare l’infelice lor patria , e a ritirarsi tra noi, ove speravano, e ritrovaron di fatti, sicuro ed onorato ricovero (a). Il primo tra essi fu Manuello Grisolora, che Ginnnozzo Manetti recitò ni pontefice Niccolò V, quando fu ad esso mandato , insieme con altri ambasciadori, dalla Repubblica di Firenze; e ci dà insieme notizia di alti e opere del Manelti , cbe si conservano mss. nella biblioteca di S. Michele di Murano. (liibt. AISS. S. Midi. Vene!, p. 71‘i). (a) Un bel passo intorno al fervore degli Italiani del secolo xv nel coltivare la greca letteratura, e a‘ Greci