Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/202

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l4*6 LI URO quella città; di Mitridate, ch essendo signore di ventidue nazioni, a tutti parlava nella lor lingua, e grandi cose ancora si narrano della memoria di Seneca. Ma il nostro Lippo in una grande assemblea di nobilissimi ed eruditissimi personaggi, e innanzi al podestà medesimo, qualunque cosa gli fu da essi proposta. presa in mano la cetra, l espose tosto in ogni sorta (di poetico nu tro. Invitato per ultimo ad improvvisare sugli uomini illustri che ave ano avuta F"i nvia per patria, egli senza trattenersi punto a pensare, e senza mai esitare, o interrompere il canto, celebrò con nobilissimi versi Catullo, Cornelio Nipote, Plinio il vecchio, ornamento e splendore della nostra città. Ma ciò ch è più ammirabile, si è ch'egli espose all improvviso in elegantissimi versi tutta la Storia naturale di Plinio divisa in trentasette libri, scorrendone ciaschedun capo, e non tralasciando cosa che degna fosse d osservazione. Questo trattenimento è sempre stato a lui famigliare, e frequentissimo singolarmente presso il pontef Sisto IV, quando o si celebrava la solennità dì ale un Santo, o qualche altro argomento gli veniva improvvisamente proposto. Perciocchè egli di qual si fosse materia ragionava sul campo in maniera, che non lasciava in disparte cosa la qual fosse o necessaria a sapere, o piacevole a udire. Quando poi predicando viene al costume e parla popolarmente dal pulpito, sembra che, benchè cieco, ei vegga tutto ciò che da lui o si esalta o si biasima, Io ho voluto formarti questo primo abbozzo d'un uom sì raro, ch’ io speco cìu.'.