Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/206

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14^0 LIBRO utroqua oculo captus, non minus tamen assidue rhetorum ac philosophorum auditoria frequentat. Mirum illi studium rerum antiquarum, mira cura latini sermonis, mira etiam in amicorum congressibus jucunditas, et cum paupertate simul et caecitate laboret, licet adolescens, quae aetas minime apta est patientiae, utrumque malum ea aequitate fert, ut neutrum sentire videatur. Ove è a riflettere che il Pontano scriveva questo trattato, come pruova il co Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 2018), circa il 1481, e non può perciò questo passo convenire ad Aurelio, il qual certamente a quel tempo non era più giovane. In Napoli, secondo gli scrittori napoletani citati dallo stesso co Mazzucchelli, ei recitò un panegirico in lode del re Carlo VIII, quando questi s’impadronì di quel regno nel 14o5E premio di questa orazione fu un diploma del re medesimo pubblicato da’ detti scrittori, con cui assegnò a Rafaello una pensione annua di 100 ducati. Da Napoli passò poscia a Roma, ove ei tenne scuola di belle lettere. Giannantonio Flaminio gli raccomandò il celebre Marcantonio suo figlio, e di lui parlò spesso con grandi elogi in alcune sue lettere, dalle quali raccogliesi innoltre che Rafaello volle aver seco nelle medesime stanze, di cui godeva al Vaticano, il giovane Marcantonio, e che era sommamente caro al pontef Leon X (l. 5, ep. 11, 17, 18). Egli ancora era improvvisatore famoso e ancor celebre oratore, e vien perciò dal Giraldi unito ad Aurelio (De Poet. suor, temp. dial 1, p. 540). Questi però ne loda bensì la