Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/477

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TERZO iGy* XII. Tal fu la vita e la morte di f Girolamo Savonarola, a cui non v’ebbe, nè sarà forse giammai orator che si possa paragonare in ciò che appartiene a commovere colla sua eloquenza un popolo intero, e a divenir l’oggetto non sol de’ discorsi, ma ancor delle gare e delle discordie dei’ cittadini. Io ne ho ragionato finora senza adottare nè i miracoli che i suoi fautori gli attribuiscono, nè le accuse di cui l aggravano i suoi nemici, ma sol narrando ciò in che tutti convengono concordemente. Col morir di Girolamo non cessò quello spirito di partito, che lui vivente erasi acceso. Molti hanno scritto impugnandone la dottrina e le profezie; molti con dotte apologie si sono sforzati di difenderlo e di sostenerlo. Io avrei bramato d’investigare, come meglio mi fosse probabile, il vero, e di esaminare una sì intralciata quistione senza parzialità e prevenzione. Ma come farlo? Gli scrittori contemporanei sono anch’essi divisi, nè possiamo sì facilmente decidere a chi debbasi fede. Tal cosa si afferma dagli uni, dagli altri si nega; e tutti giurano di dirci il vero. Secondo gli uni, il Savonarola è un profeta, un apostolo, un martire, un taumaturgo. Secondo gli altri, egli è un eretico, un ambizioso, un fanatico, un impostore. A chi crederem noi? In mezzo a tai tenebre e a tale incertezza io sarei temerario se volessi pronunciar giudizio di sorta alcuna. Io non mi unirò a primi, nè venererò il Savonarola qual Santo. Un uomo che sì fieramente si scaglia contro il romano pontefice, e pubblicamente gli rinfaccia i suoi vizj veri pur troppo, ma