Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/279

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TERZO *43» (.gli accenna. Solo dal sopraccitato capitolo si raccoglie ch’egli avea molti nimici; che già da un anno non avea mai potuto parlare col duca; e che perciò, se non cambiavan!! le cose, era risoluto di andarsene, e così lo conchiude: Però sarò costretto a mutar loro, () chf 7 Dura m adopri ad altre imprese, Ond’ io mostt i s* io vaglio molto o poco, Nè sempre sia l Uccel del mio paese. In fatti i disgusti del Simeoni crebbero a segno, che finalmente o andossene, o fors’anche fu esiliato, come sembra persuaderci il sonetto da lui fatto all’ immagine di Dante Alighieri in Ravenna, ove paragona le sue vicende a quelle di esso, e finisce dicendo: Ft faccioni ft de al secolo futuro, Tu qui con l ossa, io con la vita altrove, Ch huom di virtù poco alla patria è grato. Ivi, p. 86. Avea egli sei mesi prima menata moglie, e nel partire la rendette a parenti insiem colla dote intera che aveane ricevuta: Uxori maritus, così nel suo accennato Elogio, duntaxat semester fuit, quam parentibus exulabundus dote non comminuta commendavit, amplius non revisurus. La partenza del Simeoni dovette accadere verso il 1542; perciocchè in quest’anno egli era in Roma (Dialogo pio, ec. p. 127), e tra alcune lettere inedite di esso, che si conservano nel segreto archivio di Guastalla, e delle (quali io ho copia, due ve ne ha a lui scritte in quell’ anno da Roma. Da esse raccogliesi