Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/373

Da Wikisource.

terzo i5a5 mi perdoni, s io havessi favellato con poca riverenza, et incolpatone l' amore ch io porto alla Cesarea Maestà, et alla servitù ch io tengo con tutti i personaggi pari a V. S. Illustrissima, alla quale humilmente m inchino, et le bacio la mano. Di Fiorenza alli 3 di marzo 1548. Humil. Serv. Anton Francesco Doni. Siegue poi la lettera accennata; ma in essa molte parole sono rare per modo, che non si può rilevarne il senso; e alla lettera si aggiungono i due sonetti, un contro Mantova, l’altro contro Carlo V, che tra le Rime del Domenichi si hanno alle stampe (Ed. Giolit. p. 36, 43). Qual effetto facesse nell’ animo di D. Ferrante questa lettera del Doni, non ne abbiamo notizia. Forse questi veggendo che invano avea scagliato quel colpo, si rivolse a Cosimo, e a lui accusò per somigliante modo il Domenichi; e forse questi perciò trovossi in qualche pericolo. Ma ei dovette o purgarsi felicemente, o ottenere il perdono, poichè veggiamo che continuò a vivere in quella corte. Sembra però, che il Doni seguisse a mostrarsi amico al Domenichi, e che solo nel 1550 cambiasse pubblicamente maniera e stile. Perciocchè, come osserva il Zeno (l. c. p. 195), avendo il Doni in quell’ anno fatte due edizioni della prima sua Libreria, nella prima fece menzion del Domenichi, e delle opere di lui finallor pubblicate; nella seconda ne cancellò del tutto il nome. E oltre di ciò l’ anno seguente, stampando la sua seconda Libreria, lo indicò per via d’ anagramma, e lo sferzò crudelmente