Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/129

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TERZO 3091 vitae sanctimoniam ac pietatem, bonis omnibus ob singularem erga eos, in quibus iniset aliqua virtutis significatio, animi studiique propensionem tantum detrimenti attulit, ut nulla re satis unquam resarciri posse videatur. Sed quam lo ipse ram pie cristianeque decessit, ut prope nefas sit dubitare, illum summam hujus vitae miseriam atque calamitatem cum infinita aevi sempiterni beatitudine atque felicitare commutasse, nos quidem, qui eum amamus, multo magis laetari oportet, tanto illius bono, quam ullu nostro commoveri incommodo, praesertim cum tot ille tamque praeclara ingenii sui atque doctrinae monumenta in omni fere lit erarum genere reliquerit, ut jucundissima eorum lectione facile omnis abstergi possit animi nostri moeror atque tristitia. XXXV. E veramente chiunque prende tra le mani le opere del Flaminio, non può a meno di non amarlo. Così vedesi in esse congiunta a una rara eleganza e a una singolar leggiadria una sì dolce amabilità, che rapisce e seduce. Esse sembran dettate dal cuore, non dall’ingegno, e dal cuore il più sensibile e il più tenero che fosse mai. Pregio ancor più ammirabile, perchè le poesie del Flaminio non sono comunemente rivolte a oggetti, ne’ quali una viziosa passione prende molte volte il sembiante di virtuoso affetto; ma o sono di argomenti sacri, o spiegano la sua riconoscenza e la sua tenerezza pe’ suoi benefattori e pe’ suoi amici. Ne’ primi anni della fervida gioventù lasciossi egli ancora allettare dall’uso comun de’ poeti, e scrisse con qualche libertà alcune poesie amorose. Ma sgridatone dal saggio e severo suo S f