Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/366

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2328 LIBRO finita, o principiata sotto i suoi felicissimi tetti di Cortemaggiore, unico refugio d ogni virtù, bandita. Ma il Longiano usava facilmente di tali espressioni a riguardo di qualunque suo padrone, perciocchè egli cambiavalo assai sovente. Pare che nel 1556 ei fosse in Vicenza, poichè a quella accademia de’ Costanti dedicò in quell’anno il suo dialogo Del modo di tradurre; e nella lettera dedicatoria nomina tutti gli Accademici che la componevano , e rende lor grazie che ascritto f abbiano al loro numero. E innanzi a quest1 opera fa di nuovo menzione di quella sulla Lingua italiana, da noi già mentovata, e di un gran Dizionario eh’ei pensava di pubblicare. Verso il 1558 ei dovea essere in Ferrara, se è vero ciò che narrasi da Natal Conti (Hist. l. 10), ch’egli avesse parte in una trama ordita dal partito spagnuolo per occupare quella città, nella qual occasione il Conti parla assai male del Fausto, dicendolo uomo non solo nell’arte della guerra, di cui non avea fatta mai professione, ma nella gramatica ancora, cui aveva continuamente insegnata a’ fanciulli, del tutto rozzo e inesperto. Forse allora fu egli costretto a fuggir da Ferrara, e perciò verso il 1559 il veggiamo in casa di Jacopo VI Appiano di Aragona signor di Piombino, a cui nel detto anno dedicò la già mentovata opera del Duello, dicendo di averla cominciata già in casa del conte Guido Rangone, e finita in quella di Jacopo. Quest’opera gli diede occasione di una non leggera contesa col Muzio, che in materia di duelli era rimirato come F oracolo