Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/379

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TERZO 234I nominis celebriate, qui Porphyrii my steri a et Procli Teologiam Latinam fedit. Is vero, Dii boni, quantum habet literarum, quantum ingenii ad eruenda totius vetustatis arcana (a)! X. A questo oratore, di cui sappiamo che fu stimato il più eloquente de’ tempi suoi, ma non abbiamo le prediche le quali ci mostrino se avesse giusto diritto a tal lode, aggiungiamone alcuni che veggiam similmente lodati come facondi oratori, e de’ quali ci son rimasti i sermoni che loro ottenner tal lode. Tra essi deesi annoverare don Callisto piacentino canonico regolare Lateranense, di cui parlando il Giuntini, che ne fissa la nascita a’ 18 d’aprile del 1484 lo dice Frater Callistus Placentinus Concionator inter primos sui tempo ris (Calendar. astrolog). Ne abbiamo alcuni volumi di prediche; e io ne ho alle mani la Sposizione di Aggeo profeta da lui detta nel duomo di Mantova nel 1537, e stampata in Pavia per opera del celebre Teseo Ambrogio da noi rammentato altrove. In que’ discorsi ei si mostra imitatore non infelice del Savonarola, di cui però come non uguaglia la soverchia libertà di parlare, così non adegua pur l’eloquenza. Leggesi in essi nondimen qualche tratto che ci fa conoscere quanto fosse allor lecito a’ sacri oratori il ragionare impunemente di tali cose, dalle quali par che il rispetto c (a) Il Cardinal Kgidio «la Viterbo fu anche coltivatore della latina poesia, e il sig. Michele Ardito produce chic versi di un’egloga che con pài altre cose mss. in prosa e in verso ei ne ha studiosamente raccolte (Di ivEpifania di gli Dei, p. 28).