Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/79

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TERZO 204 » lo studio dell1 amena letteratura e della poesia latina, in cui dice eh’ei riuscì felicemente nell'epigramma, e più ancora nelle odi; aggiugne che studio ancor maggiore egli fece della lingua italiana; e che o scrivesse egli in versi, o in prosa, scrivea sempre con eleganza e con eloquenza non ordinaria; e ne loda principalmente alcuni sonetti e due orazioni. Di lui si parla ancora nelle Memorie de’ Letterati ferraresi (t 1, p. 223), ove si accennan le cose che ne sono stampate, eJe altre opere ch’egli avea intraprese, ma o che non furon da lui finite, o periron con lui. Del Ferrino si è ancor detto altrove, ove abbiam rammentato quanto sollecito ei fosse nel custodire e nell’ accrescere la bella biblioteca di cui il Pistofilo morendo aveagli fatto dono. Liete speranze avea parimente concepute il Giraldi di Jacopo Novari giovane ferrarese (p. 367), di cui dice che avea vedute alcune assai delicate poesie. Ma l'impiego a cui fu sollevato di cancelliere del duca, sembra che il distogliesse da tali studj, poichè non trovo che cosa alcuna abbia veduta la luce. XXI. Noi abbiamo accennati di volo i suddetti poeti, perciocchè essi o avean già avuto altro luogo in quest’opera, o non ci han lasciati tai saggi de’ poetici loro studj, che convenisse il trattenersi lungamente nel ragionare. Un altro ora ne aggiugne, di cui, benchè poche opere ci sian rimaste, è rimasta però tal memoria presso gli scrittori di que’ tempi, che non possiamo spedircene sì brevemente. Questi è il cardinale Benedetto Accolti, detto comunemente il cardino! di Ravenna, di cui, benché