Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/424

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non si annoverino tra’ più saggi successori di S. Pietro che abbia avuti la Chiesa, non debbon parimente impedire che il Petrarca il quale sì sinceramente li pianse, non debba esser r oggetto dell’ammirazione degli uomini dotti e degli uomini onesti. Io pregola ancora a fidarsi nel giudicar del Petrarca più ad un pontefice di lui contemporaneo, cioè a Gregorio XI, che all’abate Fleury. Si compiaccia di grazia di leggere il Breve che ne ha di’ fresco pubblicato con licenza del P. maestro del S. Palazzo il sig. abate Marini (Degli Archiatri pontif. t.’a j p. 21) , scritto poco dopo la morte dello stesso Petrarca al Cardinal Guglielmo Novelletti legato in Italia. In esso ei lo nomina tam praeclarum moralis scientiae lumen; e gli comanda che tutte raccolga le opere da lui scritte , tra le quali nomina espressamente le Lettere, e gliele mandi in Avignone. Io spero che V. P. reverendissima posta in mezzo tra un papa e 1’abate Fleury, e interrogata di chi voglia seguire il giudizio, volgerà tosto le spalle al secondo , e si farà seguace del primo. Mi perdoni di grazia V. P. reverendissima, se il mio trasporto pel Petrarca mi ha fatto deviare alquanto dal buon sentiero, e dimenticare per poco la mia docilità e la mia sommissione ai caritatevoli suoi avvertimenti. Ritorno all’usato mio stile, e con un vivo desiderio di giovarmi de’ lumi della sua vasta ed inesausta dottrina , passo all’esame delle annotazioni eli’ ella ha avuta la degnazione di aggiugnere al tomo sesto della mia Storia; e mi spiace il vedere che poche esse siano, c clic scarso