Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/176

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s’era accorto del contrasto penoso tra la mia posizione e quella di Gualfardo: tra me festeggiata, inebriata d’applausi, felice e spensierata, lontana da lui, — e quel generoso giovane che lo curava, lo consolava, lo sosteneva nelle difficoltà della vita. S’era accorto che le cure di Gualfardo erano altrettanti rimproveri al mio abbandono, e voleva consolarmi mostrando apprezzare i miei guadagni che gli arrivavano tanto tardi.

«Come mi sentivo avvilita da tanta generosa bontà! Come ero nulla al confronto di quei due nobili cuori! Ed appena tornata presso il mio povero babbo, avevo allontanato da lui quell’unico amico, quel figlio che lo consolava, che gli rendeva meno penosa la morte.

«Il babbo non diceva più nulla. Era là pallido, ansante per l’emozione sofferta, e mi guardava coi suoi occhi lagrimosi e supplichevoli. Volli consolarlo ad ogni costo, e gli dissi:

«— Sì, babbo; io sposerò Gualfardo appena sarai guarito; ed intanto sta certo che io l’amo, che lo amo tanto, più della mia arte, più della gloria, più di tutto. Tu solo mi sei più caro di lui. Ti cureremo insieme, faremo dei bei progetti accanto a te, e quando starai bene ci sposeremo; e se io dovrò cantare tu mi accompagnerai; e quando non canterò staremo tutti e tre insieme.

«Povero babbo! Bastarono quelle parole a conso-