Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/440

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beralismo, e una sanzione solenne dell’opera di Cavour. Lord Palmerston e lord Russell scrissero compiacendosene; e il Vimercati informò da Parigi:

La riuscita delle elezioni fece qui una sensazione veramente grande; queste accomodano un po’ le cose nostre, e... ne avevamo bisogno, perchè tutti sono contro di noi. Non ti parlo, dicendo ciò, dello persone che sono addentro nei secreti del Governo, no; rispetto a queste, noi abbiamo la posizione des femmes galantes che non si salutano in pubblico... L’Imperatore qui è sempre il migliore amico nostro; fra i ministri abbiamo forse la maggioranza per noi; ma nessuno, salvo qualche rara eccezione, ha il coraggio di sostenerci quando l’imperatore sembra ebranlé nelle sue simpatie a nostro riguardo1

Cavour lo sapeva. Alla signora Louise Colet, ch’era venuta a fargli visita mentr’egli si trovava a Milano nel febbraio del 1860 e lo rivedeva ora a Torino, ai primi dell’aprile, egli aveva dichiarato:

In Europa noi non abbiamo nessun altro alleato fuori dell’Imperatore; e in Francia nessuno ci è più amico di lui. Potrei aggiungere gli operai di Parigi, gli scrittori, i poeti, i giornalisti; ma cosa posson questi? So bene ch’essi costituiscono il cuore e il cervello della nazione; ma quando occorre un esercito, il cuore e il cervello sono insufficienti. L’Imperatore soltanto ci ha dato un esercito, e noi non dobbiamo essere ingrati nè verso di lui, nè verso la Francia. L’ingratitude porte malheur aux nations comme aux individus.2

Povero Napoleone! «Spinto contro di noi dalla Russia e dalla Prussia, molestato dalla moglie, tormentato da parte dei suoi ministri a noi ostilissimi» — sono sempre parole di


  1. Tra le Lettere edite ed inedite di C. Cavour, raccolte e illustrate da Luigi Chiala; Torino, 1887, vol. VI, p. 679.
  2. L. Colet, L’Italie des ltaliens; Paris, Dentu, 1862, vol. II, p. 8. — In una lettera alla Contessa De Circourt, del 24 ottobre 1860, Cavour dichiarava: «Toutefois, ou je me trompe fort, ou le peuple français est pour nous. Les passions bonnes et mauvaises ont cristallisé la surface de la société et l’ont rendue peu apte à ressentir des émotions généreuses; mais la masse est généreuse comme par le passé et elle sympathise avec nous. S’il en était autrement, comment se ferait-il que tous les journaux qui s’adressent aux masses sont italianissimi? Le désaccord entre le haut et le bas de la société est aflligeant, surtout lorsque c’est le bas qui est noble et désintéressé et que le haut est ègoïste et méchant. Mais je ne veux pas médire de la société française. Je lui dois trop. Je me résigne à ce que l’Italie so régénère en dépit des salons de Paris». Cfr. Le Comte de Cavour et la Comtesse de Circourt: lettres inédites publiées par le Comte Nigra; Torino, 1894, p. 104-05.