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manzoni e roma laica 443

francese, oramai nonagenario, risposo da Brusuglio al sindaco di Roma, il 28 luglio, con questa lettera:

Se nell’alto e inaspettato onore d’essere, con tanta degnazione, ascritto alla cittadinanza romana, io non avessi a considerare altro che la mancanza in me di ogni merito corrispondente, la confusione che ne risentirei prevarrebbe a qualunque altro sentimento. Ma questa, non solo non può estinguere, ma rende più vivo quello della mia riconoscenza per cotesto onorevole Consiglio comunale, che, degno rapprosentante d’una città generosa, ha voluto ricompensare, come fatti, delle buone intenzioni, o dare il valore di merito alle aspirazioni costanti d’una lunga vita alla indipendenza e unità d’Italia.

Si compiaccia, rispettabile signore, di farsi interprete, presso cotesto onorevole Consiglio, di questa mia rispettosa, e, oso aggiungere, affettuosa riconoscenza; e di gradire per sè l’attestato del mio profondo ossequio.

Ce déplorable Manzoni! Questa volta si trovaron tutti d’accordo a gridarlo: dai giornali cattolici quali l’Union e L’Osservatore cattolico, ai critici liberalissimi quali il Settembrini. E il Carducci — quello più impulsivo, d’avanti il discorso di Lecco, — ebbe a sentenziare che «Manzoni, rinfiancando il cattolicismo e promovendo il neoguelfismo, ha tanto nociuto all’Italia!». Lasciamo che la bella Immortale, ai trionfi avvezza, sperda dalle stanche ceneri ogni ria parola! E in questi giorni di glorioso memorie patriottiche1, ricordiamo invece alcuno parole che nell’Antologia di Firenze del luglio 1830 scriveva un giovane di venticinque anni, che non sarebbe rimasto un ignoto.

Manzoni è un affetto per noi, e il suo nome si confonde con quanto di bello e di grande santifica in Italia la giovino scuola; e se la parola del giovine ignoto, e impotente a tradurre le idee che talvolta gli fremono dentro, potesse aggiungere dramma al tributo che tutta una generazione gli paga, questo giovine volerebbe incontro all’autore dei Cori, e deponendo sulla sua fronte il bacio dell’entusiasmo, gli mormorerebbe: Manzoni! tu sei grande ed amato!

Questo giovane, così ardente ammiratore del Manzoni, non era precisamente nè un neoguelfo nè un cattolico intransigente, nè tanto meno un reazionario: si chiamava Giuseppe Mazzini2.

  1. Questo scritto fu pubblicato la prima volta nel Corriere della Sera del 4 aprile 1911.
  2. Il prof. Alessandro D’Ancona pubblicò, alcuni mesi dopo del mio articolo, la lettera in cui il Giorgini dava conto alla moglie, la Vit-