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464 illustrazioni e discussioni, iv

nire alla seduta senatoria del 9, nella quale si doveva approvare il trasferimento della capitalo a Firenze, coll’intesa che fosse una prima tappa verso Roma; ma nè i consigli e le opposizioni sue, nè le rimostranze, i silenzi, perfino le sgarberìe degli amici più antichi o più eminenti erano valsi a trattenerlo a Milano o a fermargli la mano.

Pur troppo, a noi manca finora il modo di apprendere o d’appurare quali fossero i sentimenti del Manzoni durante e dopo il doloroso episodio di Aspromonte e la guerra non meno dolorosa del ’66, circa il malaugurato fatto d’arme di Mentana, e anche in riguardo alla colossale catastrofe del ’70. Chi sa che un giorno o l’altro non verranno fuori, finalmente, dalle biblioteche private, lettere e memorie che ci permetteranno di cogliere pur le sue impressioni immediate su codesti avvenimenti! Ci riesce già molto suggestivo il bigliettino scritto il «14 del 1867», da Milano, «alla Questura del Senato italiano»:

Il sottoscritto Senatore del Regno si fa un dovere di prevenire l’onorevole Questura del Senato che la sua salute e la sua avanzata età non gli permettono di portarsi a Firenze per intervenire alle sessioni per il giudizio sull’imputazione fatta dal Ministero Pubblico al senatore conte Carlo Pellion di Persano. — Alessandro Manzoni.

A scanso di equivoci, si abbia presente ch’egli allora s’avviava a compiere il suo ottantaduesimo anno!

I documenti che abbiamo sott’occhi ci portano di botto al 28 luglio del 1872: alla eloquentissima lettera, cioè, diretta al Sindaco di Roma, che gli aveva partecipato il voto di quei padri coscritti che gli conferiva la cittadinanza della città eterna (vedila più sù, p. 443).

Pochi mesi dopo, l’11 febbraio del ’73, a questa prima dichiarazione di «aspirazioni costanti» della lunga vita «alla indipendenza e unità d’Italia», doveva tener dietro una seconda, non meno esplicita: ch’è quella appunto a cui si riferiva il Beltrami, nella sua seconda letterina. Era sorto a Torino un Comitato, col lodevole proposito di raccogliere «autografi degli uomini illustri che per vario modo cooperarono virtualmente all’indipendenza nazionale». Uomini illustri..., cooperarono all’indipendenza...: ma questi