Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/503

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manzoni e napoleone iii 473

apertissimamente egli stesso in pagine che involontariamente Le sono sfuggite.

Alludo a quella prefazione al suo saggio sulla Rivoluzione francese, la quale fu certamente scritta non prima del 1869, poichè Stefano Stampa ci dice che succedette alla stesura del saggio stesso, in cui è citato un volume degli Archives Parlamentaires pubblicati appunto in quell’anno. Mentana era di due anni prima. In quella prefazione, dopo aver detto quali forze italiane contribuissero a far l’Italia, parla nel modo seguente della parte che l’Imperatore francese vi ebbe. Anche in questo scritto senile egli usa raramente i nomi proprii, ma non si dirà che qui, con la designazione di «potente sovrano straniero, nipote di Napoleone I», egli abbia voluto far di tutto per tener celata la persona di Napoleone III....» — .

E qui il Crispolti riferiva quel brano della prefazione al saggio sulla Rivoluzione francese, che è già stato riprodotto in questo volume, a p. 428-29, dalle parole Dall’altra parte alla fine. Quindi ripigliava:

«E se queste parole non bastassero ad indicare che, a giudizio del Manzoni, la gratitudine era il contraccambio dovuto per tale atto dagl’Italiani all’Imperatore, si può citare ancora un altro brano, in cui un tal giudizio è avvalorato da un paragone insigne.

«Il Governo e i cittadini degli Stati Uniti d’America non hanno mai creduto di derogare alla loro dignità nazionale, nè di detrarre alla gloria ottenuta nell’acquisto della loro indipendenza, col confessare, anzi col protestare altamente, in ogni occasione, i loro obblighi verso la Francia e verso il suo sventurato re Luigi XVI, per il grande aiuto che n’ebbero nella dubbia impresa. È anzi uno dei bei caratteri di quella virtuosa e sensata, non meno che eroica, Rivoluzione; e sarà bello per la nostra l’aver comune con essa un tal sentimento; come, in mezzo a tante diversità di circostanze, di modi e di vicende, ebbe comune la giustizia della causa, e la felicità della riuscita».

Come vede, mentre Ella con incredula speranza si domandava: «davvero che una volta don Alessandro, il quale pesava con tanta cautela ogni parola che la sua penna formulasse sulla carta, s’è lasciato andare a una così esplicita dichiarazione sul conto di Napoleone III»?, mi è capitato