Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/236

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atto secondo. — sc. iv. 231

Pareagli gloria; — e la beltà funesta
Della figlia di Iacopo il sedusse.
Gabriella.All’infelice padre ed al marito
Gabriella sorvive.
Il Conte.                         Oh sciagurata!
Sorvive? e dove? e i figli?
Gabriella.                                                       I due primieri,
Appena nati, al seno suo languiro
Come fiori che il turbine ha percossi.
Ed Ariberto al morir lor piangendo
Nella polve prostravasi, e sclamava:
«Il padre offesi, indi a me il ciel le gioje
Di padre invola!» — Nacque il terzo, e a lui
Imposto volle il nome tuo. «Quel nome,
Disse Ariberto, è in ciel possente, il figlio
Proteggerà.» — Rise al fanciullo infatti
Vigorosa salute. A lui la madre....
Il pan.... mendica.
Il conte.                                   D’Ariberto al figlio
La madre il pan mendica? Oh insana! certo
Dal suo feroce genitor tant’odio
Eredò contro a me, che al tetto mio
Cercar ricovro sdegna.
Gabriella.                                             Oh! Gabriella
No, non t’odia, signor. L’odio tuo forse
E le ripulse teme.
Il Conte.                                     A’ di felici
Se presentata a me si fosse, oltraggi,
Nol nego, oltraggi avuto avria. Ma quando
Vedova, orfana, misera, punita
Si orrendamente ell’è, quando al figliuolo
Di mio figlio ella resta unico aiuto,
Se aiuto in me non trova,... oltraggi teme?
Ripulse? Oh nata alla superbia, al vile
Calunnïante sospettar, che in petto
Nutre l’intera de ribelli schiatta
Contro ai fidi all’imper, contro a’seguaci
Del vero onor! Barbari siamo; estinto