Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/245

Da Wikisource.
240 gismonda da mendrisio

D’alcun di noi, ma ineluttibil opra
Fu degli avvenimenti e del leale
Nostro desio di vera gloria il vario
Da noi preso cammin. Per quella causa
Che a ciascuno di noi santa parea
Combattemmo sinceri. Oh! se la mia
Cader dovette, e profugo, inseguito,
Fra vostre braccia asilo cerco, un nome
Da delitti oscurato io pur non reco.
Quando alle orecchie tuo rimbombo alcuno
De’miei fatti giungea, di vili fatti,
Dimmi fu mai?
Il Conte.                              No, il padre tuo l’attesta;
Il padre tuo, che mentre inesorato
Malediceati, udia con gioja in campo
Il tuo valore e tua pietà sui vinti.
Ariberto.Ed io con gioja udia come tra i sommi
Di Barbarossa eroi, fulgean di gloria
Il padre mio e il fratello, e presagiva
Stagion di pace e di perdono, in cui
Giusto fra noi tributo alterneremmo
D’amorevole encomio. Ermano, ignori,
Ignori tu ch’a me i prigion sovente
Ridicean tue parole, e ch’io superbo
Era, allorchè intendea che m’appellavi
Nelle falangi milanesi il primo?
Ignori tu, ch’io spesse volte irato
Delle stolte discordie popolari,
Usciva in campo senza ardore, e fiacco
Sarebbe stato il braccio mio, ma il padre
E il fratel sovvenianmi, e lor memoria
Erami sprone ad onorate imprese?
Ermano.Ignoro come il padre affascinato
Abbian tue voci astute: inverecondia
È in esse tal che a sdegno move. A imprese
Onorate spronavati memoria
Dolce d’un padre, d’un fratel che in guerra
Nemico aveanti formidabil, truce?