Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/289

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284 leoniero da dertona.

Sinor tenemmo colla forza: or guai
Se questa forza simulacro appaia!
E oggi più temo: oggi soltanto io temo.
Però che il popol, oggi, alma riceve
Quasi novella nel suo antico eroe,
In Leonier.
Lando.                    L’indole tua gagliarda
Troppo spesso a gagliardi atti t’inchina,
E ora all’assalto spingeriati. E fermo
Non avevam, che avventurare assalto
Pria non si debba che i promessi aiuti
L’imperador ne mandi? È ver, men lenti
Fummo l’oro a spedir ch’ei le sue lance:
Ma sacra di monarca è la parola,
Nè omai tardar può d’adempirla. E saggio
Saría consiglio, un dì, poc’ore forse
Pria che giungan gli aiuti, al periglioso
Assalto cimentarne?
Corrado.                                   Io pur dissento
Dal tuo proposto, o console. Ed errore
Grave — soffri ch’io ’l dica — era, che al primo
Scontro con Leonier sagace modo
Non sovveníati di sottrarlo al volgo.
Ma vana sul passato è la contesa:
Del riparar non già il consiglio. Al padre
Messagger manda; placalo; salute
Fingi in lui porre; a te si renda; e il volgo
Poscia persuader che il vecchio eroe
Santa conobbe nostra causa e a noi
Si vincolò, fia agevol opra.
Enzo.                                                  È questa
D’ognun la mente?
Senatore.                                   Sì: il tribun prigione
Vivo tener.
Altro.                    Protrar della fortezza
L’or dubbio assalto, e volger l’armi intanto
Tutte al terror dell’arrogante turba.
Corrado.Ed anzi ogn’altro rischio, all’arrogante