Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/343

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338 erodiade.

Erodiade.                    O mia diletta, unica amica
Cento fiate non tel dissi? agli altri
Lascia i soverchi atti d’ossequio: io dolce
Amistà chieggo dal cor tuo. Tu sola
Me conosci e compiangi, e sai che rea
Esser può un’alma e odïosa al mondo,
E aver d’uopo d’amore! ed amar molto!
E non aver perduto anco ogni diritto
A benigna onoranza!— Ah, sì; me appieno
Sola conosci tu: lo stesso Erode
Gran parte ignora di mie ambasce. Oh! sempre
Ignori, deh, come mentr’io lo adoro,
Aborro in lui del fallir mio la causa,
E maledico il primo dì che io ’l vidi,
E vorrei disamarlo!— Amica.... oh cielo!
L’amplesso mio respingi? Onde?
Anna.     Regina—
Duolmen— tu vedi su mie ciglia il lutto.—
Dalla mia madre che a te fu nutrice
Un affetto eredai che per te ognora
In questo cor vivrà....
Erodiade.                                             Sorella mia!
Sorella mia! Vèr gli altri io scellerata,
Vèr te mai nol sarò. Più l’universo
Mi rigetta com’empia, ed io il rigetto,
Più a te s’avvince l’alma mia infelice,
Avida di pietà.
Anna.                              Cessa, ten prego.
Erodiade.                                             
Inseparate ognor vivremo; e quando
Questa implacata guerra di rimorsi
E di colpe e di rabbia avrà sepolto
La sventurata tua sorella, e ognuno
Imprecherà la mia memoria.... e forse
L’imprecherà lo stesso Erode, in braccio
Vilmente ritornato a mia rivale....
Oh sospetto! o furor! Pria il core ad ambo
Voglio strappar!...— Me lassa! Oh! che dicea?
Che ti dicea, sorella mia?— Che allora