Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/372

Da Wikisource.

atto quinto.— sc. i. 367

Nemici miei? Sterminio a tutti! e prima,
Di Sefora al più ardente e pertinace
Parteggiatore! all’uom che in cielo e in terra
Ha podestà terribile,— Giovanni!
Erode.Oh implacabil furor! Taci. Non mai!
Rispetta l’ore del mio gaudio almeno.— .
L’inno a Erodiade caro, olà, risuoni.1
Vergini.               Letizia, o vergini
               Di Galilea!
               Ecco Erodiade,
               Ecco la Dea,
     Che ai destini s’unisce del re.
Giovani.     O garzoni, o del regno speranza,
     Innalziamo del giubilo i carmi.
     Già le vergini intreccian la danza;
     Facciam plauso col suono dell’armi.
Vergini e Giovani.2               Garzoni e vergini
               Di Galilea,
               Ecco Erodiade,
               Ecco la Dea,
     Onde il re quasi nume si fe’.
Erodiade.Oh di musici carmi onnipotenza!
Oh vive ricordanze! Oh giorni! A’ piedi
Così mi si prostrava il popol tutto!
Ed io grata e commossa, intero il corso
Del viver mio sacrar giurava al bene
De’ sudditi fedeli e del mio sire!
Chi il mio proposto disperdea? Chi, in pena
Del sol delitto d’esser lieta in braccio
Ad uom non mio, contaminò mia prisca
Indol soave? chi di crucci in crucci
Mi trascinò? chi sitibonda alfine
Mi fe’ di sangue? Ahi! dov’è il ben ch’io addurre
Voleva altrui? — Sorgete, olà! bugiarde
Di riverenza immagini! sorgete!
No, non è amor che innanzi a me vi curva,

  1. Tragge di nuovo Erodiade a sedere.
  2. Terminano la brevissima danza inginocchiandosi.