Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/414

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atto terzo. — sc. V. 409

Di concordia desio! ma i pregi molti
Di quell’alma gentil non mi trarranno
Neppur seco ad infingere.
Anna.                                             Ahimè! vana
Stata non sia mia intenzïon di pace
Fra il re, mio sir, e un suddito che tante
Virtù illustraro. Questa pace è il voto
Di sì buon re, d’ogni Britanno, e il mio.
Deh! Moro, il voto tuo pur non sarebbe?
Moro.Sì, magnanima, sì. Mio voto ardente
È servire il mio re, la patria mia;
Ma tal servigio verità richiede,
E verità parlò il mio labbro ognora,
Ed or riparla verità. — Se dopo
Questo imprecato regno, un dì Inghilterra
Correggerà gl’iniqui impulsi, e sete
Avrà di tolleranza e di giustizia,
Vostra la lode non saranne, o Arrigo.
Scritto con note orribili di sangue
Fia dalla storia il nome di colui
Che il novo culto sotto pene impose
Di ferri e di patiboli.
Arrigo.                                        A me ardisci
Vitupèro vibrar?
Moro.                                   No, ma nunciando
Vitupèro infallibil nella storia
Ad ogni re che sia crudele, e oltraggio
Rechi alle coscienze, io vi rammento
Che per voi sta, la pagina abborrita
Del biasmo eterno cancellar....
Arrigo.                                                            Curvando
Forse mia regia fronte anzi superbo
Anacoreta! intendo. Anzi impostore,
Che impoverire il popolo m’intimi
Per espïar mie colpe!
Moro.                                        Ad impostori
Siccom’io non mi curvo, e son cristiano,
E cattolico son, così a ministri