Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/433

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428 tommaso moro.

Margher.                                             Ultimi istanti!
Ultimi dunque son? Ognuno il dice,
Il dico io stessa, e pur nol credo ancora!
Prodigi oprerà Iddio tal mostruoso
Avvenimento ad impedir: la morte,
E per man d’un carnefice! la morte
Del più retto degli uomini! Il re l’ama;
Il re ucciderlo finge: il re non vuole
Se non che spaventarlo. Oh sconsigliata
Finzïon disumana! E così poco,
O stolto rege, il padre mio conosci,
Da presumer che in lui possan catene
E terrori di morte? Ahimè! che parlo?
E a morte da parecchi anni non veggio
Trarre innocenti tuttodì? Mio padre
Uccider vonno! ucciderlo!
3° Cittad.                                             T’acqueta.
Margher.Ch’io m’acqueti, allorquando orfana fammi
L’iniquità d’un vil tiranno e vostra?
L’ingratissimo re sia maledetto
Da’ presenti e da’ posteri! e del pari
Maledetti, o pacifici codardi,
Siate in eterno voi, per la cui rea
Calma i giusti periscon! Me frementi
A che mirate? Io sono, io son la figlia
Di quel Tommaso Moro, a cui fur colpa
Le sue virtù. Non gli assomiglio in tutti
Gl’incliti pregi suoi, ma rea son pure
D’amar la patria e d’amar Dio! son rea
D’esecrare i vigliacchi e negar fede
Al vantato valor d’empie riforme
Santificate da rapine e sangue.
Me pur, me pur date agli sgherri; io merto
Col mio padre morir, io morir voglio
Accanto a lui!
3° Cittad.                    Quai detti! Intorno ferve
Tutta la turba. Ah! inutili tumulti
Non eccitiam!