Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/263

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padre è foresto; e due che son bastardo.
Simile tara avendo, se vivrò
oscuramente, sarò men che nulla.
Se poi della città sui primi banchi
balzar cercassi, ed essere qualcuno,
odïato sarò da quanti privi
son del potere: ché fastidio genera
la preminenza. E i saggi, che potrebbero
essere utili e tacciono, e le cariche
non ambiscono, oggetto a lor sarò
di riso, taccia avrò di folle, quando,
in simile città, tutta trambusto
non sto tranquillo. E se potessi ascendere
a dignità, fra gli uomini autorevoli
ch’ànno il potere, tanto piú la mira
dell’invidie sarò: che cosí, padre,
suole avvenire: quelli che governano
sono agli emuli loro inimicissimi..
Poi, se mai giungo intruso in casa altrui,
a una donna di figli orba, che teco
delle venture tue prische partecipe,
vedendosene scissa or, di mal animo
sopporterà la nuova sorte, come
aborrito da quella, a buon diritto,
stando sempre al tuo fianco, io non sarò?
E allor dovrai tradirmi, e accondiscendere
alla tua sposa, o favorirmi, e tutta
veder sossopra la tua casa? E quali
stragi ed effetti di letali farmachi
contro i nemici non trovan le femmine?
E poi, la sposa tua, padre, compiango,
che senza figli invecchia, e di tal morbo
degna non è: ché i padri suoi fûr nobili.