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LXVIII EURIPIDE

duceva l’animo degli uditori, sconvolti dall’immane orrore di una tragica vicenda umana, alla calma sublime, sebbene indecifrabile, e talora assurda, d’una legge sovrannaturale; bensì li lasciava irretiti in mille trepidazioni, in mille dubbii, assillati da mille quesiti angosciosi. Non effettua più una catarsi, bensì una perturbazione. Gli abitanti d’Abdera, narra Luciano, dopo udita l’Andromeda, rimasero parecchi mesi in preda a follia collettiva.

Aristofane beffeggiava e imprecava. Ma l’arte, che non può rimanere su le posizioni conquistate, senza languire e morire, doveva abbandonare oramai tutto un passato, meraviglioso, ma prossimo all’occaso, ed irrevocabile, per lanciarsi verso un avvenire che prometteva non inferiori prodigi.

Euripide fu il magico araldo delle sue glorie e delle sue miserie.