Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/336

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NOTE 333


Pag. 126, v. 1. - Euristeo, il figlio di Stendo che, per volere di Giove, impose al nipote Ercole, durante il tempo che fu in sua servitú, le dodici note fatiche.

Pag. 128, v. 10. - Non cadde ancor cesarie. Sulle tombe dei morti si ponevano, come offerte, ciocche di capelli recisi: qui si allude invece all’uso, che non ci è noto per altra testimonianza all’infuori di questa, di spargere capelli recisi innanzi all’atrio della casa dove era una persona morta.

Pag. 129, v. 7. - La Licia è qui ricordata per l’oracolo di Apollo che si trovava in quella contrada, a Patara, alle fonti del Xanto.

Pag. 129, vv. 7-8. - L’arida dell’Ammonio dimora, il luogo, cioè, dove era il tempio di Giove Ammone; ed è detto arido, perché posto in un’oasi del deserto libico ad occidente di Memfi.

Pag, 130, v. 2. - II figliuol d’Apolline, Asclepio, dottissimo nell’arte medica, il quale non si limitava a guarire gli ammalati, ma spingeva la sua abilità sino a resuscitare i morti.

Pag. 137, v. 6. - Talamo di Iolco. È stato osservato che questo accenno al talamo nuziale di Iolco, non è in armonia con quanto è detto addietro, p. 133, vv. 3 sgg., dove è ricordato invece il talamo nuziale di Fere. La confusione è forse derivata dal fatto che Pelias, padre di Alcesti, era signore di Iolco, mentre il marito Admeto era re di Tebe.

Pag. 147, vv. 7-8. - Ed i cavalli ecc. Era usanza dei Tessali, per onorare qualche morto insigne, non solo radersi i capelli, ma anche recidere i crini ai cavalli.

Pag. 148, v. 11. - L’alpestre settemplice lira. La lira dalle sette corde è detta alpestre, perché trovata da Ermète che la costruí valendosi del guscio di una tartaruga montana. Cfr. l’Inno omerico a Ermète, in Omero minore, p. 63.

Pag. 148, vv. 13-14. - La vece del mese carneo. Il mese Carneo, cosí detto dalle feste Καρυεῖα che si celebravano per nove giorni in onore di Apollo, corrispondeva al nostro agosto-settembre.

Pag. 151, v. 6. - Per Euristeo, figlio di Stenelo; cfr. p. 126, v. 1.

Pag. 154, vv. 4 sgg. - Con Licone prima ecc. Licone era figlio di Marte, e di esso null’altro sappiamo se non che fu ucciso da Ercole. Marte pure ebbe due figli di nome Cigno, l’uno da Pelopia e l’altro da Pirene: e anch’essi furono tutti e due uccisi da Ercole.