Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/66

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MEDEA 63


Su via, la vita a lor che giova? lo patria
non ho, né casa, né rifugio ai mali.
Bene errai, quando le paterne case
abbandonai, credendo alle parole
d’un ellèno che il fio mi pagherà,
con l’aiuto d’un Dio: ché i figli nati
da me, piú vivi non vedrà, né prole
dalla sua nuova sposa avrà: ché deve
per i tossici miei morir la trista,
di trista morte. Me dappoco e fiacca
non creda, o rassegnata: anzi, al contrario,
per gli amici benigna, e pei nemici
funesta: a gloria cosí giungon gli uomini.

coro

Poiché tale discorso a noi partecipi,
per brama di giovarti, e per difendere
le leggi, da tal opra io ti sconsiglio.

medea

Essere altro non può; ma scusa meriti
se cosí dici: ché il mio mal non soffri.

coro

Oserai, donna, i tuoi figliuoli uccidere?

medea

Nulla il mio sposo piú morder potrebbe.