Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/182

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ERCOLE 179

celar la tua sciagura. E perché tendi
la mano, e mostri il sangue effuso a me?
Forse perché delle parole tue
il contagio su me cader non debba?
Oh, non mi pesa di soffrir con te:
ché un tempo fui teco felice: al giorno
debbo pensar che tu dai morti regni
mi salvasti alla luce. I cuori in cui
gratitudine invecchia, odio, e chi vuole
goder dei beni, e, quando poi sventura
sugli amici piombò, schiva con essi
affrontar la tempesta. Or sorgi, e scopri
il tuo povero volto, e gli occhi fissa
negli occhi miei: chi generoso nacque,
soffre i colpi dei Numi, e non recàlcitra.
ercole
Vedi, Tesèo. come i miei figli caddero!
teseo
Ho appreso, e il mal che tu m’additi scorgo.
Dolcemente gli scopre il volto.
ercole
Perché dunque il mio volto al sol discopri?
teseo
Non puoi, ché sei mortal, macchiare i Numi.